Doctor 3 – Il Festival Internazionale di Mezza Estate è un appuntamento imprescindibile a Tagliacozzo (AQ) dove il tempo si ferma tra natura ed aria buona e la cittadina si veste di sana cultura, spirito organizzativo e un faro puntato sempre verso l’arte nelle sue forme più emozionanti. Questo piccolo miracolo accade ogni estate da ben 32 anni e sembra proprio che non abbia mai deluso nessuno.
Ieri sera qui abbiamo ascoltato un trio d’eccezione, uno di quelli di cui fino ad un paio di anni fa si parlava con malinconia, e si perchè si erano separati e avevano preso strade diverse i Doctor 3 nel 2009 dopo dieci anni insieme. Ma come si dice, la forza della musica può sopra ogni cosa in questi casi e Danilo Rea, Enzo Pietropaoli e Fabrizio Sferra nel 2014 decidono di riprendere questo progetto pubblicando un nuovo album e ricominciando a suonare insieme.
Un modo di proporre jazz, quello dei Doctor 3, che esula da qualunque altro esempio in Italia, ma anche all’estero, la libertà creativa e la forte empatia che lega i tre musicisti li mette alla guida di un viaggio che si muove in maniera insipiegabilmente ordinata, lo spettatore si sente continuamente coinvolto ma allo stesso tempo sorpreso, la scelta del repertorio, che spazia dalla musica pop, al jazz alla classica, fa capolino continuamente, mescolandosi con sonorità e ritmiche proprie dell’istinto dei tre.
Il concerto inizia con Mascagni, come Winter Tales, uno dei loro dischi, racconti d’inverno in mezzo all’estate, solo il piano, poi solo il contrabbasso che propone una variazione sottolineata da Sferra con piccoli accenti sui piatti, ed è subito atmosfera nel Chiostro di San Francesco, in questa già splendida cornice che con le luci giuste diventa un luogo magico. Quando tocca di nuovo a Rea riconosciamo nell’aria le note di Bye Bye Blackbird che in un crescendo di trio li porta su un medium swing dalle mille forme e con la batteria molto presente. Il viaggio continua con Leonard Bernstein e tratti di West Side Story, per soffermarsi poi su Every Breath you Take di Sting, Rea usa il famosissimo riff di basso del brano per scandire un’obbligato forte e tensivo crescendo con le dinamiche, quando nel discendere troviamo ad aspettarci Blowin’ in the Wind di Dylan. E’ qui che si fermano per la prima volta, dopo circa venti minuti di musica. Ricominciano i tre con Will You Still Love Me Tomorrow di Carol King che diventa The Man I Love solo al piano, dolce, ed anche qui in crescendo cerca lo swing e lo trova, Sferra lo accompagna e poi lo lascia, quando riusciamo a sentire soltanto il pianoforte e il piede di Rea che batte il tempo sulla pedana di questo splendido chiostro, scendono le dinamiche di tutti e anche il timing e quasi in un fade out ricominciano a salire fino ad un ostinato che introduce e poi accompagna Chim Chim Cheree. E’ qui che Pietropaoli prende il microfono e simpaticamente prova a spiegare che seguendo il fluido della loro empatia…. non ricordano più l’ordine dei brani che hanno appena suonato!
Riprendono con Life on Mars di David Bowie, ad un certo punto le dinamiche si fanno molto più sottili, il tema si impregna di lirismo ed in un passaggio unisono per pianoforte e contrabbasso riprendono l’improvvisazione, di qui con l’aiuto di un feel di Sferra entrano con il famosissimo riff di Come Together, rivisto nel giro armonico e nell’accompagnamento, ma restando il sapore acido con cui i Beatles avevano fatto la particolarità del brano, e “canta” il contrabbasso di Pietropaoli. Seguendo sempre il gioco delle dinamiche in uno stop secco parte per il trio TicoTico, che sale in fretta fino a lasciare il batterista da solo in un momento improvvisativo, e rientrando suonano invece Cheek to Cheek, una bellissima interpretazione che lascia spazio per chiudere ad una breve citazione da St. Thomas. Continua l’avventura con Your Song di Elton John che a poco a poco diventa di nuovo Mascagni, l’Intermezzo dalla Cavalleria Rusticana, il brano dell’inzio, ma con intenzione di chiusura, la chiusura di questo splendido concerto. Il pubblico manifesta il proprio apprezzamento richiamandoli immediatamente e chiedendo di ascoltare ancora, ed è così che abbiamo l’occasione di ospitare le note di How Deep Is Your Love, unite a La Gatta appena accennata e poi un ostinato come una marcia che introduce Thay Can’t Take That Away From Me, capolavoro di Gershwin.
A richiesta il trio propone in chiusura un omaggio a Francesco De Andrè, che comincia con La Canzone di Marinella al pianoforte e all’ingresso di tutti si trasforma ne Il Pescatore, come assolo il contrabbasso ripropone il tema con inserimenti di blue note e non solo per i gradi fondamentali, nel chiostro regna il silenzio che scoppia in un applauso fragoroso proprio dedicato a Pietropaoli. Riprendono tutti e dopo un chorus ripropongono il tema in un’altra tonalità e sul climax si riabbassano le dinamiche in quello che sembrava essere un assolo di pianoforte e invece annusiamo Fly Me To The Moon, che si fa sempre più tangibile fino a restare da sola, su un pedale di contrabbasso che permette il rientro del Pescatore per chiudere il concerto, di nuovo.
L’abilità di questi tre musicisti è innegabilmente diretta e partner di chiunque assista a un loro concerto, perchè stuzzicano le orecchie degli spettatori e li accompagnano attraverso le loro visioni, non perdendo mai di vista i celebri motivi intorno ai quali la storia di ogni sera prende vita, un po’ come con le molliche di Pollicino, noi da questa parte non ci sentiamo mai soli.
Foto di: Massimo Cuomo – www.fotografiaessenziale.com per grafica999.com
Alessandra Stornelli nasce come pianista classica, ma ben presto comincia a dedicarsi anche al canto, prima nella accezione pop, poi orientandosi verso il soul, esibendosi anche diverse volte al Teatro Ariston di Sanremo, oltre che in svariati concerti. Nel 2005 consegue una laurea magistrale in Storia della Musica con Guido Zaccagnini presso il DAMS di Roma3 con il massimo dei voti e con una tesi su i rapporti intercorsi in 100 anni fra il Teatro La Fenice di Venezia e il Festival Internazionale di Musica Contemporanea, nella quale intervista Giorgio Battistelli e Mario Messinis.